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Cosa possono e cosa non possono fare i psicofarmaci per te – prima parte

psicofarmaci

Tu per quanto tempo prenderesti una pillola che ti fa passare solo il 30% del emicrania? O una che ti chiuda solo il 25% dalla tua ulcera allo stomaco?

Perché è questo l’effetto di miglioramento reale di un psico farmaco, come un antidepressivo o un ansiolitico….il resto è il placebo.

Il placebo è molto utile, perché se ci credi veramente nella medicina, succedono miracoli. In realtà conta quanto tu ci credi nella medicina di qualsiasi altra cosa .   Perché la fede sposta le montagne…(anche se a volte è la disperazione a farlo….)

L’effetto del ansiolitico/antidepressivo diminuisce comunque dopo diversi mesi, al massimo 1 anno perché l’organismo si abitua al farmaco, come succede con tutti gli altri farmaci, anche con gli antibiotici.

I psicofarmaci aiutano a diminuire l’intensità delle emozioni spiacevoli che stai vivendo, ma non risolvono la causa del ansia o della depressione.

L’eredità genetica e la predisposizione verso l’ansia è di circa 30%, mentre per la depressione è di circa 25%.

Allora, cos’è il resto?

Il resto è il tuo ambiente.

Questo significa:  

la qualità delle tue relazioni 
la tua visione del mondo
la tua resistenza allo stress
la tua autostima e quanto sei profondamente convinta che vali
la resilienza che hai per affrontare i problemi della vita
ambiente di lavoro

Come funzionano i psicofarmaci

Gli antidepressivi alzano in modo artificiale i livelli di serotonina nel tuo cervello, quando questo non la produce in modo adeguato, per farti “stare bene”. Gli ansiolitici ti inducono un relativo stato di calma, ti abbassano l’agitazione e ti aiutano a dormire quando non riesci riposare. Ma l’ansia e la depressione, come tante altre difficoltà nella vita, esistono lungo uno spettro, che varia in intensità da lieve e temporanea a severa e resistente al trattamento.

In Italia ci sono state 17,000,000 di persone che usano antidepressivi e ansiolitici, nel 2023. (Istat) La Bibbia di riferimento che dice allo psichiatra di prescrivere una certa medicazione è il DSM 5 R – revisionato. E’ stato messo assieme da un team di esperti, che raccogli sintomi di vecchia e nuova generazione, allargando le maglie del malessere.

Disaggio e pillolina

     Sotto la pressione di “Big Pharma” tra il 2012 e il 2022 nel DSM -5R sono statiintrodotti oltre 300 disturbi lievi, per poter includere qualsiasi forma di minimo disagio emozionale, mentale e corporale e di conseguenza proporre una pillola.

     Per cui “quello che ieri era un semplice sbalzo d’umore causato dall’arrivo delle mestruazioni, oggi, nel DSM 5, è ufficialmente un disturbo“, dichiara Robert Whitaker, giornalista di Boston, noto in tutto il mondo per i suoi libri inchiesta sullo scandalo delle malattie costruite a tavolino e gli effetti dannosi degli psicofarmaci, cioè “Mad in America” del 2001 e “Indagine su un’epidemia: lo straordinario aumento delle disabilità psichiatriche nell’epoca del boom degli psicofarmaci” del 2010. Una semplice astenia di primavera – spossatezza e umore basso, dovuto alla mancanza della luce del sole e cattiva assimilazione dei nutrienti è stata scientificamente battezzata Meteoropatia – accusata di causare sbalzi di umore, isolamento sociale e sonnolenza.
     “Una persona – continua il giornalista – è affetta da depressione se dopo due settimane dalla morte di un familiare mostra evidenti segni di tristezza. Anche la smemoratezza negli anziani è sdoganata come un disturbo. Sintomo di disfunzioni mentali anche le escoriazioni cutanee. Ma la cosa più terribile è che nel 1980, all’uscita della prima versione del manuale, stati lievi di ansia e depressione si sono trasformati in disturbi mentali da estirpare solo attraverso gli psicofarmaci“. Uno dei motivi del grande successo, secondo Whitaker, “è la complicità tra camici bianchi e ditte farmaceutiche, che si traduce anche in compensi in denaro per i primi in base ai dosaggi che riescono a prescrivere o quando scoprono nuovi sintomi e altre diagnosi“.
     Una tattica subdola che potrebbe incatenare l’essere umano alla dipendenza, peggiorarne le condizioni di salute e provocare effetti collaterali a catena.

Quanto aiutano realmente gli antidepressivi e gli ansiolitici

     Sotto l’ansia e la depressione non ci sono solo squilibri dei neurotrasmettitori. Ci sono delle emozioni intense che si fa fatica a processare, c’è la capacità che ha la persona ad affrontare le difficoltà della vita e anche una attitudine di “vittima”.
​     Queste sofferenze emozionali sono mantenute nel tempo anche da una certa visione di vita, da esperienze negative continue e intense che non tutti riescono a tollerare, che producono un forte condizionamento emozionale. Spesso ci sono anche difficoltà concrete: un ambiente di lavoro tossico, bullismo, la bassa qualità delle nostre relazioni, il bombardamento informazione di negatività sulla guerra, immigrazione, razzismo e pandemie – tutti fattori che contribuiscono a farci sentire sopraffatti.
​     Gli ansiolitici NON CURANO L’ANSIA, ma ti aiutano a tenere sotto controllo gli effetti. Anche sulla confezione c’è scritto, che riduce L’INTENSITÀ’ del vissuto, non che te la fa magicamente sparire.

Quando le medicine fanno solo metà del loro lavoro

     Prendiamo il caso del Disturbo di personalità Borderline, con un aumento enorme ed esponenziale negli ultimi 30 anni. ( varia in intensità tra nevrosi e psicosi). Un disturbo di personalità significa che la persona è relativamente sana dal punto di vista mentale, è coerente, non ha allucinazioni; ma non lo è altrettanto dal punto di vista emozionale: tende a vedere il mondo in bianco e nero – tutti sono o angeli o demoni, diviso tra idealizzazione e disprezzo più assoluto degli altri, ha intense crisi di rabbia sproporzionate al trigger, autolesionismo; è diviso tra una paura infantile di abbandono quando li viene data libertà è il soffocamento quando gli altri si avvicinano troppo.
​     Dalla mia esperienza pratica in clinica psichiatrica, ti assicuro che la persona borderline è più difficile da gestire di uno schizofrenico.
     ​Per questa affezione i farmaci non sono molto efficaci e non ci si può aspettare una guarigione impiegando solo i farmaci. Bisogna anche portare il paziente ad avere più stabilità emozionale, per poter affrontare un processo di miglioramento. Gli ansiolitici in questo caso possono portare l’ansia che la persona riesce a gestire, ma non possono risolverla completamente.
Per poter convivere con il suo disturbo, il paziente deve modificare le sue credenze sul mondo, abbassare le sue difese e prendersi le sue responsabilità se vuole stare bene.
​     La psico-terapia e il coaching aiutano a risolvere gli effetti di un’ansia moderata, aiutano a riconoscere alcuni pensieri automatici ed emozioni disfunzionali che mantengono una certa visione di vita e influiscono sull’andamento di queste emozioni intense. Ci vuole tempo per correggere un’intera visione di vita e alcune strategie inconsapevoli che mettiamo in atto per gestire emozioni spiacevoli.
Cosa è invece più utile?

     Per stare bene dal punto di vista emozionale la persona deve ridurre l’evitamento e crescere la sua tolleranza alle incertezze e alle difficoltà della vita. Lo scopo è di IMPARARE AD ATTRAVERSARE emozioni spiacevoli e non di evitare di sentirle a tutti i costi. Ci saranno sempre dei MOMENTI di tristezza, preoccupazione, paura, solitudine, ma nessuno di questi durerà per sempre.
Per migliorare l’ansia, si deve fare un cambiamento che integra sonno di qualità, esercizio fisico, alimentazione sana, evitando il più possibile l’alcool e la caffeina.

​     L’ansia e della depressione non nascono dal nulla.
Le persone ansiose tendono generalmente ad isolarsi perché si sentono inadeguati: questo isolamento non fa altro che esacerbare la sensazione organica e la convinzione che tutto è inutile: in questi casi l’appoggio di un gruppo di sostegno è molto utile.
     ​La pandemia, le guerre in giro per il mondo e la crisi economica che stiamo vivendo, hanno avuto un impatto importante sul nostro benessere psicologico. Gli ultimi tre anni hanno contribuito alla creazione di un’atmosfera di instabilità e incertezza senza precedenti, segnando profondamente lo stato della salute mentale della popolazione in Italia e in Europa.

psicofarmaci

I costi della salute mentale/emozionale

     I disturbi mentali influiscono anche sui bilanci degli Stati. I costi complessivi legati alla salute mentale in Europa, che includono tra quelli indiretti la perdita di produttività dei pazienti e dei loro caregiver, ammontano al 4% del PIL totale europeo (oltre 600 miliardi di euro). Circa 45% dei paesi europei hanno già attuato programmi di prevenzione e promozione della salute mentale legati al lavoro, mentre il 68% ha attuato una strategia o un programma nazionale incentrato sulla promozione e la prevenzione della salute mentale per bambini e adolescenti

​     Questo è emerso dal Headway-Mental Health Index 2.0,realizzato da The European House- Ambrosetti in collaborazione con Angelini Pharma.

Di conseguenza, la soluzione è solo PARZIALMENTE nella medicina. E sotto l’etichetta di “stress”, ci sono decine di ragioni che lo generano o che lo mantengono.

Dobbiamo parlare anche degli squilibri delle nostre relazioni

     Le esperienze negative – dove la nostra capacità di fidarci degli altri è stata consumata e ridotta al osso – creano le basi per disturbi emozionali e sbalzi di umore. Se gli altri ci sembrano imprevedibili, certo che non avremmo voglia di costruire rapporti con loro.
     Alcuni di questi sbalzi si creano fin da piccoli – quando i nostri genitori non sono in grado di offrirci una PRESENZA EMOZIONALE COSTANTE perché loro stessi hanno problemi emozionali non diagnosticati come la difficoltà a gestire la rabbia, disturbi antisociali, disturbi di personalità Borderline e narcisistica, dipendenze di sostanza, immaturità emozionale (sono rimasti loro stessi bambini e si aspettano cure materne o paterne dai propri figli).
    In alcuni casi ci vogliono bene, ma non sanno come mostrarlo. In altri ci hanno ritirato l’affetto al più piccolo segno di ribellione, obbligandoci a comportarci secondo la loro volontà e noi, per non perdere il loro amore, abbiamo sacrificato la nostra unicità, individualità sull’altare della paura. Per un bambino, perdere l’amore e il sostegno del genitore è uguale a morire.

    Tutte queste cose fanno sì che non si crei un minimo di sicurezza emozionale necessaria per avvicinarci agli altri. O se lo facciamo, ci attirano persone rotte e disturbate, che sono molto simili ai nostri genitori. Persone ferite come noi che ci sentiamo in dovere di curare, salvare, come non abbiamo potuto salvare i nostri genitori(tutto in maniera completamente inconsapevole) perché abbiamo imparato che siamo responsabili di come si sentono gli altri.

La sicurezza di base

     Di norma, partiamo con un certo livello di sicurezza nella vita, con una certa fiducia nelle nostre capacità e negli altri, e il livello di questa sicurezza dipende in gran parte da quello che abbiamo vissuto nella famiglia di origine. Se abbiamo vissuto in ambienti tossici, in costante violenza verbale, se uno dei tuoi genitori era un bambino emotivamente e scappava dalle sue responsabilità da adulto, se abbiamo vissuto in negligenza fisica ed emozionale estrema, impariamo che non contiamo. Questi squilibri emozionali, con prolungate situazioni di stress, in iper–vigilanza costante – con la sensazione di pericolo imminente, fanno crescere i livelli di cortisolo – l’ormone dello stress – che ci avvelena letteralmente il corpo, a piccole dosi giornaliere.

     Le medicine sono a volte necessarie e possono portare certi benefici. Ad esempio: dormi meglio, hai un po più di energia, ti torna l’appetito, vedi il mondo un po meno in bianco e nero, puoi funzionare al lavoro e nella vita di tutti i giorni.

Ma sappi che anche lo stress costante ha un effetto sulla nostra autostima. Gli effetti di una relazione tossica o traumatica non possono essere risolti con una medicina. Devi PROCESSARLI.

E spesso è impossibile stare veramente bene se continuiamo a rimanere in ambienti tossici, con persone che ci usano, che sono indifferenti nei nostri confronti, che ci fanno mobbing al lavoro con i loro modi passivo – aggressivi di gestire i problemi.

     Anche l’isolamento e la superficialità delle nostre relazioni contribuisce al nostro malessere per una grossa parte a cui si aggiunge un’iper connessione con la tecnologia, gli algoritmi usati dappertutto per prevedere il nostro comportamento, con unico scopo – quello di venderti qualcosa e che finiscono per rafforzare la visione del mondo distorta.

     Le nostre relazioni si sono spostate nel virtuale, non abbiamo più tempo di incontrare dal vivo una persona, non esiste quasi più scambio umano e di conseguenza non esiste più la possibilità di calmarci insieme agli altri. A volte torniamo in equilibrio facendo una passeggiata in natura, uno sport che ci piace, ma abbiamo bisogno anche che qualcuno ci ascolti, ci abbracci e ci consideri importanti. Abbiamo bisogno del contato fisico e della vicinanza degli altri.

    Ci sono diversi studi che dimostrano che la psico-terapia e il coaching relazionale sono ugualmente efficaci nel trattare la depressione e l’ansia, come i farmaci – senza i loro effetti collaterali. Per stare bene hai bisogno della psico-educazione.

Leggi QUI anche la seconda parte….

Emanuela Duriga

Emanuela Duriga

Psicologa clinica e coach relazionale con formazione in sessuologia, Psico-traumatologia e Psico-somatica.

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